Archivio di Giugno 2010

Piano piano

lunedì 28 Giugno 2010

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L’ultima settimana di questo viaggio attraverso gli Stati Uniti è ormai iniziata. Dalla contea di Madison nell’Iowa mi sono diretto verso le sponde del Mississippi. L’idea era quella di addentrarmi il più possibile nelle riserve naturali per cercare una delle immagini che ho nella testa ma che non sono ancora riuscito a trovare. Per scaramanzia non dirò di cosa si tratta, non si sa mai… Come vedete dalla foto però, per riuscire nel mio intento più che di un’auto avrei dovuto disporre di un mezzo anfibio. Le precipitazioni degli ultimi giorni hanno reso impraticabili le strade che si avvicinano ai grandi fiumi, inondando migliaia di ettari di coltivazioni. Ma anche alcune delle strade principali sono state chiuse al traffico, tanto da costringermi ad un paio di deviazioni. Sto vagabondando perciò un po’ a casaccio dirigendomi lentamente verso Chicago, tenendo sempre gli occhi aperti per percepire quanto queste terre dal sapore equatoriale sanno trasmettere. Equatoriale certo, perché vista la conformazione del terreno, i relitti di boschi rimasti laddove non è possibile coltivare e l’altissimo tasso d’umidità, non è difficile immaginare le foreste che dovevano ricoprire queste pianure prima dell’arrivo dell’uomo bianco… Ho trovato anche i resti della Route 66, quella vera. La stretta strada di campagna che, aggirando le colline, attraversando i ruscelli su esili ponti, collegando le piccole comunità, da Chicago giungeva a St. Louis. Una Route 66 fatta di mattoni rossi, dove ancora ci sono, o di un asfalto aggredito dall’erba. La Route 66 non esiste più, sostituita dalle superstrade, abbandonata a se stessa come i piccoli paesi del West a cui portava la vita e che ora non visita più nessuno. Mi sono fermato a Beardstown oggi e ho cercato una lavanderia per fare il bucato. Perdendomi nella periferia della cittadina ci ho sbattuto contro il naso. Avete in mente la pubblicità dei Levis in cui il bel ragazzo attirava l’attenzione del pubblico femminile? Dimenticatela… Ambiente caldo, ventilatori inutili, niente da leggere. Però è stato interessante constatare che nessuno parlava inglese: un ragazzo di colore parlava francese al cellulare, una coppia di anziani parlava spagnolo come pure una madre con la bimba dalle origini indefinibili, una famiglia di colore parlava una lingua africana che non conosco e poi c’ero io che stavo zitto…
Dimenticavo, quella nella foto è la mia compagna di viaggio: una Kia Soul verde a cui ho dato il nome di Ranocchia. Certo non si tratta della Chevrolet Camaro verde metallizzato edizione limitata, che il ragazzo della concessionaria di Fort Madison mi ha presentato. Certo, perché vedendomi curiosare attraverso i vetri oscurati ed immaginando i miei pensieri, si è avvicinato e, senza dire una parola, col telecomando l’ha aperta e accesa… Poi mi ha fatto cenno di salire! (non commento).
Per tornare sulla terra, anche la mia Ranocchia va bene e, una volta arrivato a Chicago, proverò a baciarla: chissà che non si trasformi in una principessa…

Sogni d’oro, Andrew.

The Bridges of Madison County

venerdì 25 Giugno 2010

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Hogback Bridge

Mercoledì 23 giugno.
Tengo stretta tra le mani una tazza di caffè con la scritta pubblicitaria del Northside Cafè. Da queste parti molti locali sono fieri di offrire ai clienti la propria tazza personalizzata. Queste in particolare sono leggermente più strette al centro, ricordando forse metaforicamente i fianchi di una donna. Sto aspettando l’omelette con salsiccia ordinata da qualche minuto, ho molta fame ma, come si dice in campagna, relax…

Ero uscito senza fretta dal motel, verso le otto, perché ancora piovigginava. Una notte di tempesta che ha provocato altri allagamenti in tutti gli States centrali. La motivazione non era al massimo ma contavo almeno di fare un sopralluogo completo dei ponti coperti della contea di Madison. Mi ero spostato fino al confine nord-est, sebbene sapessi che fosse stata chiusa al pubblico nel 2003 a causa di un incendio, per vedere la casa di Francesca. Solo uno scatto da molto lontano, spremendo al massimo il teleobiettivo: cancello chiuso, cartelli di divieto d’accesso, video sorveglianza, anche le indicazioni stradali sono state tolte. L’avevo trovata solo grazie al fiuto…
In seguito ero tornato in paese per cercare un ristorante. Quasi non l’avevo visto il Northside Cafè. Solo una piccola insegna al neon appesa a metà vetrina; avevo indugiato sbirciando dietro ai vetri sporchi per capire se vi fosse il lungo bancone con apparecchiati i set di sale-pepe-tovaglioli. Aperta la vecchia porta zanzariera, spinto quella interna, mi ero seduto a metà bancone.

L’omelette tarda ad arrivare, deluso per non aver potuto raggiungere la veranda di Francesca, giro la tazza e leggo l’altro lato. Alzo gli occhi di scatto e mi guardo attorno, non ci posso credere, sono seduto nel caffè dove è stato girato il film.
Ecco perché tutto è così vecchio: la credenza in legno, la ghiacciaia di metallo, l’orologio con i piccoli cartelli pubblicitari che girano meccanicamente, i sedili di pelle nera. L’hanno lasciato così com’era negli anni sessanta.
Mi alzo e vado in fondo al locale. Appese alla parete le foto Clint Eastwood mentre gira le scene del film nel 1994.
E come nel film, ho appena lasciato la casa di Francesca e sono qui a fare colazione…

Giovedì 24 giugno.
Ieri sera ho concentrato gli sforzi sul Hogback Bridge. Ho cercato il ponte che offrisse la luce migliore prima del tramonto.
Stamane invece sono tornato al Holliwell Bridge che offre un fianco al sole del mattino. La contea di Madison è composta da sei piccole comunità. La settima, Winterset, sta al centro e da lei si diramano un pugno di strade asfaltate. Nascoste al viaggiatore però c’è un labirinto di stradine bianche che raggiungono ogni singola fattoria disseminata tra le colline. I ponti si trovano proprio tra queste colline; aveva ragione Francesca a voler accompagnare il fotografo…
Prima di tornare al Roseman, dove si sono svolte le scene principali del film, faccio tappa al Northside Cafè per la colazione. Ho dimenticato di dirvi che la cittadina di Winterset ha dato i natali a John Wayne e naturalmente il locale espone molte delle sue foto. In effetti per la città il vero eroe è lui. Durante le visite ai ponti ho conosciuto alcuni turisti, non molti, ma quasi tutti pensionati e diversi tra loro sono stati in Svizzera, e quasi tutti a Lucerna. Nessuno che conosca il Ticino…(non faccio commenti).

Voglio scusarmi col fotografo che pubblicò sul National Geographic le foto dei Ponti di Madison County e con coloro che hanno nella mente un ricordo, un film diverso: naturalmente la mia è una personale interpretazione realizzata in un paio di giorni, ostacolato dalla vegetazione cresciuta negli anni e dalle barriere, cartelli, fari e quant’altro l’essere umano possa inventare per deturpare la vista di un’opera d’arte. Per raccontare meglio questo fazzoletto di terra al centro degli Stati Uniti, con la sua storia e i suoi costumi, ho aggiunto alcuni scatti di altri elementi trovati qua e là, in ordine sparso.
Visto la quantità di immagini raccolte, ho deciso di dedicare un intero progetto ai Ponti di Madison County.

È stata un’occasione per riposare e riflettere qualche istante.
Del resto i ponti coperti realizzati in legno li troviamo da secoli lungo le alpi e forse li hanno inventati proprio gli svizzeri…

E domani si riparte.

Andrew.

La porta del West

mercoledì 23 Giugno 2010

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DeSoto National Wildlife Refuge, Iowa

La porta del West: questa è la frase che sta scritta all’entrata della località di Kadoka a est delle Badlands, South Dakota.
Mi chiedevo perché avessero scelto di collocare quell’insegna proprio lassù. Certo si trova ai piedi delle Montagne Rocciose che dividono il continente nordamericano in due, ma è solo quella la ragione?
Da tre giorni ormai viaggio in direzione est ed il paesaggio è drasticamente cambiato. Ma non sono le montagne, i deserti o i canyon a fare la differenza; è proprio la cultura. E con essa cambia la gestione del territorio, le città. Mentre il west è più romantico, con le mandrie di bovini e cavalli disseminate su pascoli che si perdono all’orizzonte e si percepisce la dura vita dei cowboy, all’est lo stile è più europeo. I pascoli sono sostituiti da campi di frumento lavorati con mezzi meccanici e le mandrie sono raccolte attorno a grandi mangiatoie, costrette a sostare nel fango tutto il giorno.
Ma la natura ogni tanto ci manda un avvertimento: non so se è giunta notizia anche in Europa, ma il maltempo ha messo a dura prova proprio le regioni che sto attraversando. Il telegiornale trasmette incessantemente l’allarme tempesta e la lista delle strade interrotte: io stesso ho dovuto cambiare due volte percorso per giungere fin qui. Molti agricoltori si lamentano per aver perso completamente il raccolto mentre io ricordo il documentario visto la scorsa settimana in cui un anziano cowboy del Wyoming tratteneva a stento le lacrime al pensiero che quella notte avrebbe perso molti vitelli a causa di una tempesta di neve. “Ma è la vita”, diceva al figlio, “muoiono gli uomini e muoiono anche gli animali”…
Mi rendo conto che il viaggio è giunto ad una svolta o meglio, inizio un nuovo viaggio, dallo spirito diverso.
Così ho deciso di fermarmi in questa località un tempo percorsa dalle carovane che dirigevano alla conquista del west.
Per un paio di giorni niente più foto nel mio sito, niente più blog.
Cercherò fare un salto indietro nel tempo, nella torrida estate del 1965, per rivivere una storia dal sapore romantico che tutti conoscete. Vedremo cosa sortirà dalla macchina fotografica.
Dove sono? Ho lasciato un indizio nel mio sito, l’ultima foto pubblicata…

Arrivederci…. Andrew.

“Bellissimo paese”

domenica 20 Giugno 2010

Per un soffio

Per un soffio

Venerdì 18 giugno – È stato un giorno dalle emozioni contrastanti. Allontanandomi dalla Devils Tower ho percorso una strada in mezzo a verdi pascoli che mi ha condotto fino a Spearfish. Qui ho fatto colazione con due omelette ai frutti di bosco che non sono riuscito a finire… Cercare il posto giusto per fare colazione è sempre divertente e ormai comincio a farci l’occhio. Il posto più carino che ho trovato è stato il Grandmother’s Kitchen a Woodland Park in Colorado. Un ristorantino di legno azzurro, nascosto tra anonimi fast food, con una piccola veranda delimitata da una staccionata in legno bianca. Le poltroncine in pelle blu sono poste lungo tre lati del locale, mentre al centro i tavoli hanno sedie foderate di pelle blu. Naturalmente la metà superiore delle pareti è pitturata come l’esterno, d’azzurro, mentre la parte bassa è perlinata in legno scuro. Ovunque, appesi, oggetti che ricordano lavori di artigianato. La giovane cameriera porta un grembiule a fiorellini, e tutto si svolge nella massima calma. Se i tavoli sono tutti occupati, all’entrata, dove invece dell’anonimo cartello che invita ad aspettare c’è la sagoma in legno di una bimba con vestitino country, ci si può accomodare su due poltroncine poste ai lati della porta…
Dirigendomi a sud ho imboccato la Spearfish Scenic Byway che costeggia un fresco torrente. Le Black Hills sono dei monti ricoperti da foreste di abete e pino, non esattamente il paesaggio che mi ricordavo dai film. Vecchie città sorte al tempo della corsa all’oro, riconvertite in attrazione turistica, sono disseminate in tutta la regione.
La mia destinazione era però il Mount Rushmore National Memorial, che ho raggiunto ad inizio pomeriggio. Malgrado la folla di turisti è stata una tappa molto interessante: grande autosilo, scalinata tipo Rocky Balboa, colonnato con le bandiere degli stati, atmosfera solenne e lassù in cima al monte granitico i faccioni dei quattro presidenti. Tutt’altra storia la visita al Crazy Horse Memorial. Avevo sentito parlare in tv di questo personaggio che si era messo in mente di scolpire una collina dandole la forma del capo Sioux Cavallo Pazzo. Da allora sono passati almeno 20 anni ma di progressi negli scavi…pochi. Così ho pensato che ormai la tassa di 10 dollari che si paga per accedere all’area non serva più a finanziare l’opera, ma finisca altrove…
Trascorsa la notte a Hot Springs, di cui si potrebbe parlare a lungo, stamane ho voltato la prua ad oriente direzione Badlands. A Red Shirt due edifici scolastici a forma di panettone rosa mi segnalalo che sto entrando in una riserva indiana: mi fermo sul ciglio della strada da dove si gode del primo panorama sule Badlands. Naturalmente nel posto strategico non poteva mancare la bancarrella indiana. Questa volta però l’incontro con l’anziana nativa è diverso: dopo avermi salutato si avvicina con un blocco di carta e mi spiega che sta facendo una sorta di libro degli ospiti. Lascio una breve frase la cui parte in italiano dice: “bellissimo paese”. La donna legge, poi mi guarda e cerca conferma della pronuncia. Ripetiamo assieme alcune volte la frase “bellissimo paese”. Mentre mi allontano per scattare un paio di foto, la sento avvicinarsi al marito che attende in auto e dire: “bellissimo paese, bellissimo paese, ora conosco un’altra lingua”… Sorrido e riparto.
La strada numero 2 che costeggia il Badlands N.P. non è asfaltata; 30 chilometri di ghiaia che fanno rollare l’auto costringendomi ad un’andatura di crociera. Considerando la brezza che giunge alle mie spalle, l’equipaggio di Alinghi avrebbe cazzato la randa… Giunto all’altezza del White River mi fermo incuriosito da uno stormo di rondini che hanno nidificato sotto il ponte. Un’altra auto si ferma. Mi raggiunge un giovane del luogo il cui nome è Chris Cuni. Mi spiega le bellezze della regione e mi dice che se volessi fare escursioni, andare a cavallo o canoa, posso rivolgermi a lui, perché possiede una piccola attività poco distante, la Badland Bay Adventures. Suo nonno veniva dalla Svizzera ma non sa il luogo esatto…
Prima di ripartire vengo attratto da uno splendido fiore viola e un gigantesco “soffione”. Cambio obiettivo, scavalco una staccionata, mi siedo sui talloni a pochi centimetri dal fiore ma, prima di scattare la foto sento un fruscio tra l’erba. Nella frazione di secondo in cui metto a fuoco e l’adrenalina entra in circolo, comincio lentamente ad alzarmi; non dite a mia mamma che un serpente a sonagli delle praterie strisciava verso di me, si preoccuperebbe troppo. Mi allontano cautamente…
Il pomeriggio è proseguito molto più tranquillamente ma pur sempre nel delicato scenario delle Badlands che più che descrivere vi invito a guardare nel mio sito e che mi ha obbligato ad alternare tutti e quattro gli obiettivi che i sono portato da casa…

È ora di cena al Rodeway Inn a Kodaka, South Dakota!

Buon appetito, Andrew

PS: mi immagino la scena dell’anziana indiana che, prima di coricarsi, guarda il marito e sorridendo dice: “bellissimo paese”…

La leggenda

venerdì 18 Giugno 2010

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Devils Tower

Narra la leggenda del popolo Kiowa che otto bambini, sette sorelle e il loro fratello, si rifugiarono sul grande albero per sfuggire ad un orso. Cercando di afferrare i giovani indiani, l’orso lasciò il segno degli artigli è sul tronco…

Ho viaggiato due giorni per raggiungere questo strano luogo del Wyoming nord-orientale.
Due anni fa ritenni che lo spostamento dal Colorado sarebbe stato eccessivo, ed avevo ragione. Ma ora che la mia destinazione è Chicago e che non ho un piano di viaggio preciso, ho pensato che con una piccola deviazione…
Partendo da Canon City ieri mattina, ho puntato a nord attraversando le foreste a ovest di Colorado Springs e Denver, per poi lambire il confine del Rocky Mountain N.P., e giungere infine a Laramie nel Wyoming del sud.
La tappa odierna è stata particolarmente impegnativa. Avevo avuto la sensazione che il vento fosse particolarmente forte e che mi costringesse a tenere forte il volante continuando a correggere la direzione di marcia. Siccome mi sorpassavano praticamente tutti avevo creduto semplicemente di non essere abituato a questo tipo di condizioni climatiche. Le luci lampeggianti dell’auto dello sceriffo in mezzo alla Highway mi hanno dato invece ben presto ragione. Un autotreno si era appena rovesciato a causa di una raffica di vento ostruendo la corsia opposta e i dieci metri di terreno aperto che separa i due sensi di marcia.

Quello che doveva essere un lungo e noioso spostamento, si è rilevato ancora una volta un’esperienza entusiasmante.
Sinceramente sono troppo stanco per descrivere tutti gli episodi vissuti oggi, ma ne farò almeno un breve elenco.

Ho viaggiato in mezzo a pascoli che non finivano mai,
ho visto lunghissimi treni trasportare carbone e la rispettiva miniera,
ho visto cervi, bufali, cavalli, antilopi, cani della prateria,
ho visto il vento far volare via dalla testa il casco di un operaio sul cantiere stradale,
ho ascoltato bellissime canzoni country alla radio,
ed infine sono arrivato alla Devils Tower che, devo ammettere, ha il suo fascino particolare.

Qui sulle sponde del Belle Fourche River sono le undici e un quarto di sera,
È giunto il momento di spegnere la luce…

Notte, Andrew.