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Julian

mercoledì 2 Giugno 2010

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Cleveland Nat. For.

Nebbia. Apro le tende della mia camera a due passi dell’oceano ma quello che vedo oltre il ristorante armeno dove ho cenato la sera precedente è solo una grigia nebbia. Decido comunque di avviarmi verso le Palomar Mountains dove sorge l’omonimo osservatorio astronomico. Indicazioni stradali praticamente nulle, sono costretto a chiedere più volte conferma a dei passanti. Più mi inoltro nel continente e più in cielo comincia a schiarirsi. Forse ho fatto la scelta giusta.
Attraverso una vallata dove, in mezzo al nulla, sorgono degli enormi grattacieli: Casinò.
Comincia la salita e la vegetazione si scatena; foreste miste di quercia, abete, pino, tuja e un infinità di arbusti.
L’osservatorio è impressionante: peccato non poter appoggiare l’occhio all’oculare. D’altronde è giorno…
Riconquistata la 76, che in realtà mai mi ero accorto d’aver abbandonato, comincio a scendere verso sud.
Ancora una volta la desolazione di migliaia e migliaia di ettari di foreste carbonizzate: alberi dal diametro di un metro arsi fino al midollo. Non oso pensare all’intensità di fuoco. Ad un tornante una piccola lapide onora il ricordo di un pompiere deceduto tra le fiamme…
Ma il paesaggio è comunque incantevole . Mi fermo al Julian Mom’s. Il localino è tutto un programma: le torte sono la specialità della casa. Ordino una torta di “Nonna Papera” con panna (sarà il mio pranzo) e un caffè.
Sono indeciso sulla strada da scegliere per continuare la discesa verso il deserto, così chiedo informazioni alla commessa. La ragazza, che mi guarda con due occhi grigio chiaro sbarrati, mi consiglia di proseguire sulla 79. Meglio partire di corsa…
Faccio una brave sosta a Julian, due file di case in stile Western, dove il tempo scorre al rallentatore. Prodotto tipico è il miele e tutti i dolci che vi si possono fare. Ora capisco cos’erano quegli insetti che ricoprivano l’asfalto qualche chilometro prima del paese: api!
Uscendo dalla Cleveland National Forest il paesaggio cambia repentinamente. Imbocco la 8 in direzione Yuma e mi trovo nel deserto.
La giornata è stata così intensa che la stanchezza si fa sentire prima del previsto. Decido di fermarmi a El Centro.
La temperatura è attorno ai 40 gradi; mi butto sotto la doccia e mi sdraio un attimo a riposare…
Tre ore dopo mi risveglio… Esco appena in tempo per ammirare il rosso del cielo che solo nel deserto!…

Buone notte, Andrew.

Buona la seconda…

martedì 1 Giugno 2010

Volo limpido

Volo limpido

Esco per la seconda volta dall’aeroporto di Los Angeles, ho appena ritirato la valigia il cui “ritardo” mi aveva bloccato nel piccolo villaggio di Big Bear Lake.
È giorno di festa negli States, un importantissimo Memorial Day che avrebbe ritardato di altre 24 ore la consegna a domicilio del mio bagaglio. Così ho deciso di andarmelo a prendere di persona! Le strade non sono intasate e ovunque sventolano bandiere a stelle e strice. Alle sette del mattino, dopo una notte di buon sonno, ero uscito a fare colazione. Avevo cercato un localino intravisto il giorno prima, l’unico aperto a quell’ora nella località di vacanza dove la vita comincia a muoversi alle nove. Entrando avevo visto due uomini sulla sessantina seduti al bancone distanti tra loro un paio di metri.
Quello di destra, pantaloni e giacca jeans, cappellino mimetico con bandiera USA e svariati pins, sembrava un reduce di guerra.
L’altro, più distinto, camicia bianca e pancia da birra…
Mi ero seduto in mezzo a loro ordinando la classica colazione americana: uova strapazzate, patate al forno, pancetta, due toast non troppo abbrustoliti e un “buon” caffè. Mi sembrava di rivivere la scena di due anni fa a Gualala…
Non erano passati due secondi che l’uomo alla mia sinistra mi chiede da dove vengo; mi chiede perché viaggio da solo, parlando un’inglese stentato, ma soprattutto è colpito dal fatto che abbia deciso quella destinazione solo una volta sbarcato a Los Angeles… Dopo vari commenti sulla Svizzera e sul clima che troverò lungo la strada mi confida che sua madre è di origini irlandesi mentre il padre viene dalla Finlandia: ora che si sta godendo una buona pensione (e da come lo ha sottolineato non deve essere cosa scontata) può permettersi un viaggio in Europa e chissà, forse verrà a trovarmi…
Più tardi, imboccata la 38, ero salito fin oltre i 2000 metri di altitudine tra le foreste della San Bernardino National Forest: che spettacolo!
La giornata era cominciata bene dunque.
Ora, viaggiando verso San Diego, e con tutto il mio equipaggiamento, sono più sereno. Alla radio Lady Gaga mi da la carica…
Appena posso abbandono la Freeway per seguire la costa e scattare un paio di foto.
Attraversando la località costiera di Carisbad vedo un piccolo Motel di quelli che piacciono a me; faccio inversione a U e mi fermo.
Controllo il contenuto della valigia: c’è tutto. La giacca ipertecnologica acquistata apposta per l’occasione, il cavalletto, ma anche le piccole cose di cui avevo bisogno.

E mentre viaggiavo pensavo: buona la seconda!

Andrew.

Lost

domenica 30 Maggio 2010

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Big Bear Lake, Ca

Ricominciare dalla fine.
Ho lasciato Los Angeles il 26 settembre 2008 con la sensazione di qualcosa di incompiuto,
o forse con la semplice consapevolezza che v’era ancora molto da vedere.
E come talvolta accade nella vita quando in bocca resta un sapore amaro, è giusto ricominciare da capo.
Qualcuno parte con la speranza di ritrovare se stesso o di scoprire una sorta d’illuminazione;
io credo che il viaggio ci dia la possibilità di respirare aria dall’odore differente,
vedere una luce inconsueta e distogliere il pensiero dal quotidiano.
In questo modo abbiamo la possibilità di rigenerarci.

Riparto da Los Angeles dunque, senza neppure sapere che direzione prendere una volta ritirata l’auto a noleggio,
senza bagaglio, smarrito chissà dove (forse lo recupererò domani) .
Il paesaggio è brullo, devastato dagli incendi.
Strada bloccata, forse un incidente, vengo deviato lungo una secondaria tortuosa ma, come spesso accade, molto più affascinante: sul fondo delle piccole valli alcuni alberi hanno resistito al fuoco, splendidi platani che uniti alle querce sopravvivono alle devastazioni dell’uomo.

Sembra proprio di essere smarriti tra le montagne:
mi fermo al Fireside Lodge… avrei voluto fare delle foto in notturna sul lago ma fa freddo e non ho la giacca, non ho nemmeno il cavalletto rimasto in valigia col pettine che volevo usare dopo aver fatto la doccia….
Pazienza! Quanta ce ne vuole a volte.

Cari amici di Andrewphotos…cerchiamo almeno di trovare le foto fa scattare!

Buon viaggio!

Andrew.

Grandi e piccoli

venerdì 13 Novembre 2009

Scoiattolo

Scoiattolo

“Tornerò presto e ti porterò le foto del viaggio”, avevo promesso a zia Nilde il giorno antecedente la partenza per gli Stati Uniti, nell’agosto del 2008. L’avevo accompagnata alla Casa di riposo San Rocco di Morbio Inferiore solo sei mesi prima, quando un repentino peggioramento delle condizioni di salute le aveva tolto il bene a lei più prezioso: l’auto sufficienza.

“Fai attenzione!”, mi aveva risposto con lo sguardo lucido e tenendomi stretta la mano. L’uso della parola l’aveva abbondonata ma sapeva farsi capire con la sola espressione degli occhi.

Non ho potuto mantenere la promessa fatta: zia Nilde se n’è andata ventiquattro ore prima del mio rientro, mentre attendevo l’imbarco all’Aeroporto Internazionale di Los Angeles.

Tra le persone che hanno seguito la piccola avventura negli USA tramite il mio blog c’è Mariateresa, infermiera a San Rocco, persona di riferimento, praticamente la mia spia amica all’interno della struttura anche durante la mia assenza. Da lei è giunta l’idea di presentare il viaggio negli States proiettando le foto per gli ospiti della casa di riposo.

Così, nel pomeriggio del 6 giugno 2009, si spengono le luci, si accende il proiettore e parte la musica. Gli ospiti arrivano alla spicciolata, accompagnati dal personale di San Rocco, chi autonomamente, chi sulla sedia a rotelle. Alcuni sono disorientati, quasi spaesati, mi sembra che non capiscano cosa stia succedendo.
Nell’attesa faccio qualche domanda agli anziani arrivati per primi. Mi dicono che nessuno di loro è mai andato negli USA, tranne Nicla che racconta della sua esperienza a New York e della visita alle Torri Gemelle.

All’improvviso sento pronunciare il mio nome. È Gianfranco, un uomo molto magro accompagnato in sala su una poltrona. Aveva sentito pronunciare il mio nome da un’infermiera e, inaspettatamente, aveva voluto che mi avvicinassi a lui per salutarmi. Maria è seduta in prima fila, dopo qualche minuto sembra addormentarsi ma poi una foto in particolare desta la sua attenzione. I suoi commenti durante la proiezione animano la sala. Con mia grande sorpresa non sono le foto del Grand Canyon, dei bisonti di Yellowstone o delle Sequoie Giganti ad animare la sala, ma quelle degli animaletti più piccoli: gli scoiattoli.

Si riaccendono le luci e la sala si svuota lentamente. Tra gli ultimi ad andarsene ci sono Biagio ed Elena. Lui non è un ospite della casa di riposo, ma è qui per accompagnare la sua Elena, spiegarle cosa succede, rincuorarla.

La proiezione è durata solo trenta minuti ma è stata sufficiente per colmare un pomeriggio a San Rocco.

Diverse sono le emozioni provate quel pomeriggio e non credo ci sia bisogno di ribadirle, però mi piace pensare ad un insegnamento in particolare: spesso alle persone Grandi piacciono le cose più Piccole…

A presto, Andrew.

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Alla fine del viaggio…

lunedì 15 Dicembre 2008

Arches N.P.

Arches N.P.

A coloro che con piccoli o grandi gesti hanno reso possibile questo viaggio negli USA, a coloro che erano presenti giovedì 11 dicembre alla serata che chiudeva simbolicamente questa mia prima grande avventura: grazie.

Ho ricevuto alcuni messaggi che mi danno lo spunto per questo articolo e che mi permettono di continuare il cammino alla scoperta di un nuovo mondo: dopo la strada tra paesaggi sconfinati, dopo l’approccio ad internet e al blog, ora sto percependo come le persone possano vivere in modo differente lo stesso avvenimento.
Guardare la stessa immagine e coglierne verità differenti o giungere alla stessa meta ma con percorsi e motivazioni differenti. È vero, ciò che importa nel viaggio non è la meta ma il percorso.
Anche concretamente la cosa che mi ha dato più fastidio in queste sei settimane era l’avere un luogo da raggiungere (per prendere il volo di ritorno). Meglio sarebbe stato poter viaggiare liberamente fino all’ultimo, fino ad un luogo sconosciuto, ed avere la possibilità di imbarcarsi direttamente in quel punto.

Anna mi chiede se ho mai scattato una foto pensando di essere i suoi occhi: no Anna, mi spiace, ma non avrei mai potuto.
Per 12’000 chilometri ho cercato delle immagini, ma l’ho fatto coi miei occhi, col mio modo d’essere, non ne conosco un’altro. Posso dedicarti una foto, così come ho fatto con diverse persone che forse non se ne sono nemmeno accorte, perché in quell’immagine vedevo qualcosa di te, ma non posso essere te.
Due persone che si trovano nello stesso posto e nello stesso momento non vedono la stessa cosa, mai. E questo è una fortuna.

Chiara mi chiede qual’é l’immagine che mi è rimasta nel cuore.
È quella a cui non ho avuto il coraggio e la prontezza di scattare una foto perché il significato che racchiudeva in se era troppo grande. Ma ho potuto raccoglierla e portarla con me: era una piuma bianca.

Infine Cinzia si dice colpita: che bello riuscire a colpire una persona, nelle emozioni, senza nemmeno sfiorarla.
Forse è questo ciò a cui ambisce un fotografo: riscire a trasmettere un’emozione pur consapevole che non sarà mai esattamente la stessa.

Andrew.

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