Archivio di Giugno 2010

Nella bocca del vulcano

lunedì 7 Giugno 2010

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Fiori del deserto

Sono le otto del mattino di domenica 6 giugno, ho appena bevuto il caffè con Anna e salutato il proprietario dell’appartamento che ha accettato di ospitare anche me per un paio di notti. Negli occhi di Anna leggo la delusione di chi si sente escluso. Dispone di un paio di giorni di vacanza e vorrebbe accompagnarmi al Grand Canyon. Ma dopo 24 ore a Sedona già “mi prudono le mani”. Devo partire, solo. È così che concepisco questo tipo di viaggio.
Imbocco subito l’Oak Creek Canyon che, grazie alla grande presenza di acqua, ha una vegetazione lussureggiante. A Flagstaff, sulla mitica 66, mi fermo in un locale storico per la colazione. Avendo abbondantemente cenato in un ristorante indiano la sera precedente, era meglio attendere qualche ora prima di ricaricarmi con uova, prosciutto e patate… È un giorno particolare per le famiglie americane la domenica: indossano i vestiti migliori e si concedono la colazione al ristorante. Così alle mie spalle siedono coppie e famiglie intere; le bambine con il loro bel vestitino e i bimbi con la camicia allacciata fino all’ultimo bottone: sorridono, tutti.
Leggendo meglio la cartina vedo che poco più a nord c’è un parco nazionale: mi ci fiondo. Si tratta del Sunset Crater Volcano. Faccio due passi lungo un sentiero scosceso di sabbia nera. In cima alla collina altro spettacolo: a sud le vette delle montagne ancora innevate, mi trovo nella bocca di un vulcano e a nord il Grand Canyon.
Per riprendere la 89 a nord di Flagstaff devo passare dal Wupatki National Monument.
Il paesaggio ricorda quello del film “Balla coi lupi”, dove il protagonista si insedia nel mezzo del territorio indiano.
Mancano solo i bisonti!

Che varietà di orizzonti. Prima di arrivare a Page ultimo panorama: qui inizia il Grand Canyon.

Prendo un stanza al Motel6 per 72 dollari la notte e mi preparo per ciò che due anni fa non ero riuscito a fare: le foto all’interno dell’Antelope Canyon.

Alla prossima, Andrew.

Sedona

domenica 6 Giugno 2010

Tonto National Monument

Tonto National Monument

Venerdì 4 giugno; parto da Mammoth con un po’ di rammarico per non aver potuto visitare quella che pensavo fosse la più bella regione caratterizzata dai cactus giganti. Procedo verso nord lungo la 77 e, a sud di Globe, prima di immettermi sulla 88, questo tipo di vegetazione ricompare in modo insistente. Globe è una cittadina mineraria: chilometri di colline artificiali formate con i resti delle estrazioni; colline verde rame… Una ciminiera sorge in mezzo ad un canyon sovrastandolo. Un veicolo di cantiere scarica dell’acqua color rosso ruggine giù per una scarpata; sarà biodegradabile?!

Continuo in direzione del Roosevelt Lake. Da qualche miglio mi trovo ormai nella Tonto National Forest. Vedo l’indicazione “Tonto National Monument”: decido di svoltare a sinistra e curiosare. Fantastico… Un piccolo parco, un gioiello sul fianco di un canyon dove crescono stupendi saguari in fiore. Si accede direttamente attraversando il Visitor Center. Prendo l’attrezzatura fotografica e m’incammino sul sentiero che porta alla caverna indiana. La vista sul lago, in fiori, gli uccelli di diverse specie… Se siete di passaggio amici, non preoccupatevi del Saguaro N.P., ma fermatevi qui!

Riparto. La strada comincia a salire sulle montagne e la vegetazione cambia. Mi immetto sulla 87, i cactus spariscono e cominciano le foreste di pino. Vorrei fermarmi a Strawberry ma quassù i due motel non dispongono di internet. Cosa fare fino a sera? Un paio di ore di auto più a nord, la mia amica Anna L. (ticinese) è appena arrivata dal Montana; potrei passare a trovarla. E così faccio.

Seguo la 260 che attraversa un altopiano con poca vegetazione e scende poi fino alla 17, poche miglia e svolto sulla 179 in direzione di Sedona. Altro spettacolo: la strada entra in un canyon con le caratteristiche conformazioni a torre color rosso mattone. Mi sembra di essere in un film.
La cittadina di Sedona è adagiata i mezzo a queste montagne. Trovo l’abitazione di Anna senza difficoltà. Strana sensazione incontrare un’amica dell’altra parte del mondo. Per cena ci rechiamo al ristorante dell’aeroporto che, contrariamente a quello che succederebbe da noi, qui si trova sull’altopiano in cima al canyon. Vista spettacolare, tramonto e stelle…

Penso che per oggi ne ho viste a sufficienza!

Domani sarà un giorno di riposo a Sedona: primo bucato, calcolare se sono nei tempi, acquistare un hard disk esterno (perché mi ci vorrebbero troppi dvd per fare una copia di sicurezza di tutte le foto) e una piccola gita nei paraggi.

E forse trovo anche un posto con internet per pubblicare questo articolo.

Andrew.

Cambio programma…

venerdì 4 Giugno 2010

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Saguaro in fiore

Da un paio di giorni ormai viaggio nel deserto, prima quello californiano, ora quello dell’Arizona. Poche foto da fare ma molto da vedere. I diversi tipi di deserto, quello roccioso e quello sabbioso; gli allevamenti di bovini il cui odore si sente per miglia; i treni lunghissimi trainati da 4 motrici diesel; le immense coltivazioni di foraggio che rendono il deserto incredibilmente verde; i canali artificiali che portano l’acqua dalle montagne; gli interminabili sbarramenti metallici che corrono lungo il confine col Messico nel tentativo di arginare l’onda di disperati alla ricerca del benessere…
Mi ero fermato a El Centro e ho proseguito ieri fino a Gila Bend. Cosa c’è a Gila Bend di tanto interessante? Nulla. Ma dopo 4 ore di viaggio una pausa tecnica era proprio indicata. Così mi son potuto preparare al meglio per scattare le foto al tramonto. A dire il vero c’è qualcosa di buono in quel piccolo crocevia in mezzo al deserto, oltre allo Space Age Motel in cui ho dormito: un “ristorante” dalla vera cucina italiana, come sta scritto sull’insegna. Non ci crederete ma ho mangiato dei veri spaghetti al dente, con del vero pomodoro! Stamane, dopo aver fatto colazione di fronte ad un dipinto dell’astronave di Star Trek, ho lasciato il motel il cui arredamento interno ed esterno richiama le missioni spaziali. Meta prefissa: Saguaro National Park a est di Tucson. Tutto sembrava combaciare; distanza, tempo, orario d’arrivo… Ma poi, mentre percorrevo la 10 in direzione di Tucson, un cartello attira la mia attenzione: Saguaro National Park next exit. Sulla carta sembra più piccolo di quello famoso…non c’è tempo per riflettere…
Cambio programma! Svolto a destra e seguo le indicazioni.
Ben presto capisco d’aver fatto la scelta giusta.
Il deserto ai lati della strada è disseminato di giganteschi cactus, e sono pure il fiore!
Al Visitor Center acquisto l’Annual Pass che mi consentirà di entrare in ogni parco nazionale.
La Ranger è incuriosita dalla mia scelta e mi rivolge le classiche domande…
Quando capisce che sono un Ranger Svizzero con la passione per la foto mi stringe la mano e mi ricopre di prospetti e consigli…
Decido comunque di recarmi anche nell’altro parco ma, con grande delusione, lo trovo praticamente chiuso: stanno rifacendo il manto stradale. Penso a quanto sia stata opportuna la scelta del mattino…
A questo punto è inutile fermarmi a Tucson, decido di proseguire verso nord, sulla 77, dove alla fine trovo un picco lo motel.
Mi trovo a Mammoth, in una piccola stanza da 40 dollari in mattoni pitturati di blu, con gli asciugamani blu…
Ma malgrado non riesca neppure a capire di cosa possa vivere questa comunità cresciuta lungo il San Pedro River, dispongo di un collegamento internet Wi-Fi veloce con cui posso scrivere questo articolo.
E pensare che nella moderna Svizzera se si abita a Pedrinate si può solo sognare d’avere l’ADSL…

Alla prossima, Andrew.

Julian

mercoledì 2 Giugno 2010

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Cleveland Nat. For.

Nebbia. Apro le tende della mia camera a due passi dell’oceano ma quello che vedo oltre il ristorante armeno dove ho cenato la sera precedente è solo una grigia nebbia. Decido comunque di avviarmi verso le Palomar Mountains dove sorge l’omonimo osservatorio astronomico. Indicazioni stradali praticamente nulle, sono costretto a chiedere più volte conferma a dei passanti. Più mi inoltro nel continente e più in cielo comincia a schiarirsi. Forse ho fatto la scelta giusta.
Attraverso una vallata dove, in mezzo al nulla, sorgono degli enormi grattacieli: Casinò.
Comincia la salita e la vegetazione si scatena; foreste miste di quercia, abete, pino, tuja e un infinità di arbusti.
L’osservatorio è impressionante: peccato non poter appoggiare l’occhio all’oculare. D’altronde è giorno…
Riconquistata la 76, che in realtà mai mi ero accorto d’aver abbandonato, comincio a scendere verso sud.
Ancora una volta la desolazione di migliaia e migliaia di ettari di foreste carbonizzate: alberi dal diametro di un metro arsi fino al midollo. Non oso pensare all’intensità di fuoco. Ad un tornante una piccola lapide onora il ricordo di un pompiere deceduto tra le fiamme…
Ma il paesaggio è comunque incantevole . Mi fermo al Julian Mom’s. Il localino è tutto un programma: le torte sono la specialità della casa. Ordino una torta di “Nonna Papera” con panna (sarà il mio pranzo) e un caffè.
Sono indeciso sulla strada da scegliere per continuare la discesa verso il deserto, così chiedo informazioni alla commessa. La ragazza, che mi guarda con due occhi grigio chiaro sbarrati, mi consiglia di proseguire sulla 79. Meglio partire di corsa…
Faccio una brave sosta a Julian, due file di case in stile Western, dove il tempo scorre al rallentatore. Prodotto tipico è il miele e tutti i dolci che vi si possono fare. Ora capisco cos’erano quegli insetti che ricoprivano l’asfalto qualche chilometro prima del paese: api!
Uscendo dalla Cleveland National Forest il paesaggio cambia repentinamente. Imbocco la 8 in direzione Yuma e mi trovo nel deserto.
La giornata è stata così intensa che la stanchezza si fa sentire prima del previsto. Decido di fermarmi a El Centro.
La temperatura è attorno ai 40 gradi; mi butto sotto la doccia e mi sdraio un attimo a riposare…
Tre ore dopo mi risveglio… Esco appena in tempo per ammirare il rosso del cielo che solo nel deserto!…

Buone notte, Andrew.

Buona la seconda…

martedì 1 Giugno 2010

Volo limpido

Volo limpido

Esco per la seconda volta dall’aeroporto di Los Angeles, ho appena ritirato la valigia il cui “ritardo” mi aveva bloccato nel piccolo villaggio di Big Bear Lake.
È giorno di festa negli States, un importantissimo Memorial Day che avrebbe ritardato di altre 24 ore la consegna a domicilio del mio bagaglio. Così ho deciso di andarmelo a prendere di persona! Le strade non sono intasate e ovunque sventolano bandiere a stelle e strice. Alle sette del mattino, dopo una notte di buon sonno, ero uscito a fare colazione. Avevo cercato un localino intravisto il giorno prima, l’unico aperto a quell’ora nella località di vacanza dove la vita comincia a muoversi alle nove. Entrando avevo visto due uomini sulla sessantina seduti al bancone distanti tra loro un paio di metri.
Quello di destra, pantaloni e giacca jeans, cappellino mimetico con bandiera USA e svariati pins, sembrava un reduce di guerra.
L’altro, più distinto, camicia bianca e pancia da birra…
Mi ero seduto in mezzo a loro ordinando la classica colazione americana: uova strapazzate, patate al forno, pancetta, due toast non troppo abbrustoliti e un “buon” caffè. Mi sembrava di rivivere la scena di due anni fa a Gualala…
Non erano passati due secondi che l’uomo alla mia sinistra mi chiede da dove vengo; mi chiede perché viaggio da solo, parlando un’inglese stentato, ma soprattutto è colpito dal fatto che abbia deciso quella destinazione solo una volta sbarcato a Los Angeles… Dopo vari commenti sulla Svizzera e sul clima che troverò lungo la strada mi confida che sua madre è di origini irlandesi mentre il padre viene dalla Finlandia: ora che si sta godendo una buona pensione (e da come lo ha sottolineato non deve essere cosa scontata) può permettersi un viaggio in Europa e chissà, forse verrà a trovarmi…
Più tardi, imboccata la 38, ero salito fin oltre i 2000 metri di altitudine tra le foreste della San Bernardino National Forest: che spettacolo!
La giornata era cominciata bene dunque.
Ora, viaggiando verso San Diego, e con tutto il mio equipaggiamento, sono più sereno. Alla radio Lady Gaga mi da la carica…
Appena posso abbandono la Freeway per seguire la costa e scattare un paio di foto.
Attraversando la località costiera di Carisbad vedo un piccolo Motel di quelli che piacciono a me; faccio inversione a U e mi fermo.
Controllo il contenuto della valigia: c’è tutto. La giacca ipertecnologica acquistata apposta per l’occasione, il cavalletto, ma anche le piccole cose di cui avevo bisogno.

E mentre viaggiavo pensavo: buona la seconda!

Andrew.