Due anni d’attesa
martedì 8 Giugno 2010
Talvolta bisogna saper aspettare il momento giusto per ottenere ciò che si desidera. E se si ritiene che questa cosa sia così bella o preziosa, non importa quanto lunga possa essere l’attesa.
Page sarà l’unico punto in cui il viaggio di due anni fa e quello che sto vivendo adesso si incontrano. E non è un caso. Allora, forse per le difficoltà con la lingua, forse perché non ero convinto di avere abbastanza tempo, non ero stato in grado di organizzare questa escursione. La cosa mi è rimasta sullo stomaco fino ad oggi.
Il tour comincia alle 11.30 ma alle 7.30 sono già in piedi. Controllo e ricontrollo tutta l’attrezzatura: macchina fotografica con batterie cariche, memoria di riserva, straccetto, telecomando, pompetta a mano per la polvere. Attaccati all’imbracatura: teleobiettivo, grandangolare, borraccia, cellulare. Inoltre nello zainetto: flash, una mela, altra acqua. Cavalletto.
Esco a fare colazione, ma questa volta voglio rimanere leggero; cerco un caffè di cui ho letto una buona recensione e prendo un cappuccino doppio con torta alla crema.
Si parte puntuali a bordo di grossi fuoristrada con ruote spropositate, sospensioni raddoppiate e sul cui ponte sono stati fissati longitudinalmente due lunghi sedili. Siamo in otto in questo gruppo. Sotto al telo aperto sui due lati la calura si fa sentire.
Appena entrati in territorio Navajo finisce l’asfalto e comincia la sabbia. Barbara, la nostra guida e autista indiana, inserisce la trazione 4×4. Ne avremo bisogno! Il fuoristrada sobbalza tanto che a fatica riusciamo a tenere il sedere incollato al suo posto. Arriviamo all’imboccatura del piccolo canyon che siamo già impolverati.
Come immaginavo la prima parte di visita guidata è addirittura irritante: troppa gente e le guide ci mettono fretta.
Poi però, quando i gruppi di “non fotografi” se ne vanno, abbiamo 40 minuti per fotografare liberamente.
Ed è ora che scopro i colori più belli e le inquadrature meno scontate.
Ci riportano in paese: le scarpe sono piene di sabbia rossa.
Prego che nell’apparecchio fotografico non sia entrata troppa sporcizia: non ho nemmeno provato a cambiare obiettivo durante il tour. Del cavalletto non parliamo neppure, basti dire che a più riprese ho faticato parecchio ad allungare ed accorciare le aste.
Ma ora sono qui, e stasera si festeggia con uno steak americano!
Missione compiuta, Andrew.
PS: se volete vedere le foto più belle dell’Antelope Canyon non basterà guardare il mio sito…
4 commenti a 'Due anni d’attesa'
8 Giugno 2010 alle 06:12
Good job, bravo,
sono tanto contenta che ce l’hai fatta…. anche George, che mi chiede in continuazione di te.
Buona notte
Anna
8 Giugno 2010 alle 08:51
wow…non ho parole, prendo il prossimo aereo e ti raggiungo 😉
bravissimo!!! besos
8 Giugno 2010 alle 08:52
Bravo Andrew,
hai visto che prima o poi… i sogni s’avverano!
Sono davvero molto felice, traspare proprio dal tuo racconto quanto era importante per te riuscire in questa “impresa”. Adesso goditi il resto del tuo viaggio e a presto!
un abbraccio,
Ale
P.S. la foto dell’Antelope Canyon è STUPENDAAAAAAA!
15 Giugno 2010 alle 20:19
In questi giorni di meritata vacanza, sono finalmente riuscita a guardare le tue foto con più calma, perché al lavoro erano tutti impazziti settimana scorsa.
E’ spettacolare l’Antelope Canyon – splendido lavoro, sei un grande Andrew!
E’ bello leggere i tuoi racconti, riesci ancora di più a farmi partecipe del tuo viaggio; è come leggere un libro (di quelli che non smetteresti mai) con in più l’aggiunta di magnifiche immagini.
In questo articolo descrivi molto bene tutta la preparazione, l’attrezzatura necessaria, l’attesa prima del tour. Ma cosa hai provato mentre eri là ad ammirare questo splendore?
Si dice che la pazienza è la virtù dei forti: è valsa la pena la lunga attesa, vero?
Un bacione, Chiara